lunedì 19 gennaio 2015

La chetosi e le diete ipocaloriche causano un rallentamento del metabolismo nelle donne?

Allora premettendo che questa è solo la mia opinione. 

Del resto si discute di questi argomenti giornalmente in qualunque contesto di nutrizione. 

Non sono assolutamente convinto che la risposta, specialmente per le donne che sono già in cheto o in low-carb o in un regime ipo-calorico e che non riescono a perdere più peso anzi in alcuni casi ne stanno anche acquistando, sia ridurre le calorie. 

E' sempre più evidente come una caloria non sia una caloria e basta

Cioè ci sia una bella differenza tra calorie dei grassi, calorie delle proteine e calorie dei carboidrati. 

Come molti sapranno le calorie provenienti dai grassi non sono lipogene (non creano grasso) mentre invece quelle di proteine e quelle dei carboidrati in primis sì. 

In un sistema chiuso, in fisica, se l'energia che entra è maggiore di quella che esce c'è un surplus energetico . 

Nel corpo il discorso è molto più complesso e l'energia che entra (in calorie) deve fare i conti con gli ormoni. 

Questo è uno dei motivi per cui una dieta ipocalorica o comunque in deficit calorico (che in teoria DOVREBBE far dimagrire) nella realtà invece ha molto spesso effetti ingrassanti. 

Ciò è dovuto al fatto che il corpo percepisce di essere in qualche tipo di carestia e per difendersi cambia il profilo ormonale, rallenta il metabolismo e comincia ad accumulare grasso. 

Nel caso delle donne (visto che il grasso è evolutivamente più importante che per gli uomini) ciò è amplificato. 

Il famoso effetto yo-yo delle diete ipocaloriche è un losco figuro che le donne conoscono molto bene. 

Ecco il problema del cosiddetto "plateau" delle diete chetogeniche nelle donne. 

Si dimagrisce perchè non c'è più l'effetto ingrassante dei carboidrati, ma solo FINO A UN CERTO PUNTO, oltrepassato il quale si ricomincia ad ingrassare

A una donna che quindi è già in ketogenica e che lamenta il fatto di essere tornata ad ingrassare, consigliare di ridurre ancora le calorie a mio parere è controproducente. 

Sappiamo inoltre che un altro segno di metabolismo rallentato per percepita carestia è l'irregolarità, la minor potenza o proprio la sospensione del ciclo mestruale. 

Questo è un effetto collaterale lamentato da almeno la metà delle donne in keto. 

Ho chiesto in privato ad alcune donne in questa discussione e mi hanno confermato modificazioni più o meno marcate del ciclo mestruale in keto, ma è un problema comunissimo in donne che fanno low carb ma soprattuto LOW CALORIE.

Se a una dieta ipocalorica (che è ciò che tende ad essere la keto) e quindi ad una situazione in cui il corpo percepisce una mancanza di cibo, si aggiunge una vita attiva e sportiva, la percezione di "pericolo" e di mancanza di cibo è accentuata nel corpo, con ulteriore aumento di stress (cortisolo) e ulteriore spegnimento/rallentamento della tiroide e del metabolismo, e conseguente aumento di peso.

Un buon segnale di questo fenomeno è in alcune donne il ritorno della fame, il tuo corpo ti sta dicendo che ha bisogno di cibo, di calorie, che sei in grande deficit calorico specialmente in relazione allo stile di vita attivo che conduci.

Un altro fattore in gioco è la LEPTINA. Nelle persone obese c'è spesso leptino-resistenza (simile al discorso sull'insulino-resistenza), in altre parole ci vuole più leptina per avere lo stesso risultato (cioè inibire la fame).

La chetogenica ha a volte dimostrato di poter produrre oltre una certa soglia leptino-resistenza e nelle donne questo meccanismo potrebbe essere accentuato.

Incidentalmente recettori della leptina sono stati individuati nelle ovaie e nei follicoli preovulatori, quindi scompensi o modificazioni del ciclo sono ulteriore riprova che le calorie ingerite potrebbero essere troppo poche.

Il mio consiglio quindi, che è un consiglio basato su queste considerazioni, su alcune esperienze personali (anche gli uomini possono accusare un leggero rallentamento del metabolismo in low carb) e su esperienze di alcune amiche è quello non tanto di tornare a mangiare buone quantità di carboidrati, come consigliano numerose fonti americane, ma di aumentare le calorie. 

Qui ho creato un modello di dieta low-carb (non certo very low carb, anzi direi medium-low carb) che si avvicina alle 3000 calorie, che per una donna il cui corpo crede di stare in carestia e che fa anche sport dovrebbe andare più che bene. La cosa più importante comunque è assicurarsi di non essere in deficit calorico, così che il corpo percepisca meno stress e aumenti il metabolismo.

E' probabile inoltre uscirete dalla ketosi ma rimarrete comunque in pseudo low-carb o medium low-carb. Vedete e giocate voi sul numero dei carboidrati totali in base a come vi sentite meglio, l'importante è non stare in deficit calorico.

So che la paura è quella di ingrassare, e so che può sembrare paradossale ma se vi siete interessate alle diete hight-fat avrete capito che i grassi non fanno ingrassare, fanno dimagrire.

Non abbiate paura poi di grassi saturi e sale, perchè entrambi stimolano e sostengono la funzione tiroidea.

Ecco lo schema puramente indicativo che ho creato di una possibile dieta "low-carb" da quasi 3000 calorie.

Naturalmente poi ognuno in base alle proprie preferenze/sensibilità/intolleranze può modificare.

Basta usare un qualsiasi sito per contare le calorie come www.calorieking.com  o www.calorie.it .


Colazione 577 cal

3 uova a tegamino 277 cal
3 fette di prosciutto di parma 180
1 cucchiaio di olio d’oliva evo 120 cal
Caffè (opzionale)

Pranzo 996 cal

Bistecca di lombo di manzo di 100 grammi 354 cal
2 Patate Dolci al forno 200 cal
1 cucchiaio di burro 100 cal
1 cucchiaio di olio di cocco 120 cal
100 g di Broccoli 27 cal
Insalata mista condita con olio d’oliva 105 cal
3 noci (lasciate in ammollo) 90 cal


Post Workout 385 cal

20 g di cioccolato fondente (min 80%-90%) 120 cal
Zabaione con 1 cucchiaio di latte di cocco  (2 uova, zuccherate con miele) 160 cal
1 banana 105 cal

Cena 1021

Piatto Riso integrale 216 cal
1 branzino 140 cal
Insalata mista condita con olio d’oliva 105 cal
1 avocado 320 cal
2 cucchiai olio d’oliva evo 240 cal
_________

Calorie totali 2979

Consiglio di integrare con un adattogeno e in genere di limitare il più possibile lo stress, anche con bagni caldi quotidiani, tazze calde di camomilla ecc...

Marco Buquicchio

Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirmi sul gruppo facebook: Dieta Chetogenica (High Fat Diet) 

lunedì 22 dicembre 2014

Perchè mangiare tante verdure può renderti la digestione più difficile (il lato oscuro del mangiare sano)

Sappiamo tutti che gli animali non hanno nessuna voglia di essere mangiati e lo manifestano chiaramente.

Ma cosa ne pensano le piante? Sono così contente di diventare la nostra insalata?

Da premettere che il titolo è volutamente provocatorio e io stesso mangio probabilmente più verdure di molti sedicenti vegetariani se si considera il larghissimo uso che questi fanno di cereali e legumi a scapito delle verdure.

Questo articolo vuol essere una disamina degli innumerevoli problemi digestivi (e non) che possono causare le piante. Problemi dovuti a sistemi di difesa naturali delle piante, di cui la maggior parte di noi non immagina nulla e che invece sono vivi, attivi e presenti qui sulla terra da molto più tempo di noi.

Se avete un background Paleo non siete nuovi all'idea che le piante possano contenere tossine e già sapete che fino a 10.000-12.000 anni fa gli esseri umani non avevano cominciato a consumare regolarmente né cereali né legumi.

Questo perché come molte altre piante, cereali e legumi sono tossici se consumati crudi, soprattutto i loro semi.

Ma perchè parlo di semi quando mi riferisco ai cereali? Non sono piante?

Sì, lo sono, ma se non ci avete ancora fatto caso dei cereali e dei legumi noi mangiamo i semi.

E la frutta secca? Sono semi.

Cereali, legumi, castagne, mandorle, noci, nocciole, cocco ecc sono tutti semi!

Se piantate un cocco germoglia, se piantate una noce o una castagna lo stesso.

Noce di cocco in germinazione
I legumi sono proprio i più tossici: quattro o cinque fagioli crudi bastano per causare intossicazione.

Il motivo per cui cominciammo a mangiare cereali e legumi solo 10.000-12.000 anni fa, è proprio questo: solo allora, dopo più di 2 milioni di anni di evoluzione e innumerevoli tentativi, riuscimmo a capire come ridurre almeno in parte le potenti difese dei semi di graminacee e leguminose. In modo tale da poterli mangiare in quantità.

Le difese delle piante esistono, si sono evolute in decine e decine di milioni di anni (prima contro batteri, funghi e insetti, poi contro animali) e sono principalmente rivolte alla propria sopravvivenza e a quella dei propri semi.

Potrà sembrare strano, ma anche una pianta tiene alla sua sopravvivenza.

Non potendo però scappare e difendersi fisicamente come farebbe un animale, deve utilizzare le armi che ha disposizione.

Nella maggior parte dei casi, si tratta di armi chimiche sotto forma di sostanze tossiche.

La buona notizia è che anche noi umani, come gli altri animali, ci siamo co-evoluti insieme alle piante, le abbiamo mangiate e abbiamo sviluppato metodi per partecipare attivamente a questa "battaglia chimica".

Detto questo, ecco i principali metodi di difesa delle piante e dei loro semi:

-Tossine: sostanze velenose per chi le ingerisce;

-Disturbatori ormonali: es. imitatori ormonali come gli agenti estrogenici della soia, e disturbatori della tiroide come quelli delle crucifere;

-Disturbatori della digestione: es. inibitori degli enzimi digestivi (proteasi, pepsina, tripsina ecc) che diminuiscono la capacità del predatore di digerire il materiale che ingerisce;

-Semiochimici: segnali chimici che attirano il "predatore del proprio predatore";

Ebbene tossine e disturbatori della digestione sono proprio le cose che le piante usano di più per evitare di essere mangiate.

Utilizzano semiochimici come ulteriore sistema di difesa quando percepiscono il danno di un erbivoro, ad esempio un bruco che ne mangia le foglie e inviano segnali volatili che ne attraggono i predatori.

Nel caso del bruco, il poveretto può finire mangiato o subire altre sorti orribili: se il predatore in questione è la vespa parassitoide, questa inietterà le sue larve nella testa e nel corpo del bruco, il quale verrà mangiato vivo dalle larve che si nutriranno del suo corpo finchè non morirà. (1)(2)

Questo è possibile perchè le piante sono sensibili al taglio e al danneggiamento.(3)

Sentono anche l'acqua: in risposta a stress-idrico producono più acido abscissico (un ormone vegetale) e chiudono gli stomi per non farne penetrare troppa nelle foglie. (4)

Alcune sostanze poi sono così potenti che danneggerebbero la pianta stessa, così sono immagazzinate in forma innocua in vacuoli e diventano attive solo quando la pianta viene danneggiata, strappata, o masticata.(5)

Su di noi le sostanze di difesa delle piante, possono avere innumerevoli e contrastanti effetti, sia sulla digestione, sia su altri aspetti fisiologici. Su questa capacità delle piante di interferire con la nostra fisiologia si basano erboristeria e farmacia.

Pensiamo al caso dell'isotiocianato di allile (o sulforafano), il quale si forma come le altre sostanze difensive, quando la pianta viene strappata o danneggiata dalla masticazione o da altri stress meccanici perché i vacuoli si rompono e i glucosilonati (naturali composti solforati) vengono a contatto reagendo con enzimi presenti nel citoplasma, creando appunto isotiocianati.(6)

L'isotiocianato è contenuto in grandi quantità nella senape, nel rabarbaro e nel wasabi, ma anche nelle crucifere. E' una sostanza difensiva perché ha il potere di uccidere insetti, batteri, funghi (7) e di agire da repellente per l'erbivoro dato che ha un sapore particolarmente pungente ed ha un discreto potere lacrimogeno.(8)

Chi ha provato l'esperienza di ingoiare per sbaglio troppo wasabi sa di cosa sto parlando.

L'isotiocianato come tutte le sostanze difensive ha mille proprietà, e in base alla predisposizione, alla tolleranza e alla quantità ingerita può essere pro-ossidante o anti-ossidante (9), anti-cancro o cancerogeno (10,11), promuovere l'apoptosi cellulare (12) e interferire con la quantità di iodio assorbita a livello tiroideo.(13)

Questo è il motivo per cui si consiglia a chi soffre di ipo-tiroidismo o di gotta di non assumere crucifere in quantità.

Ma le verdure a proprietà goitrogena non si limitano solamente alle crucifere, includono invero tapioca, arachidi, soia, fragole, patate dolci, pesche, pere e numerose altre specie. (14)

La possibilità di far fronte a queste sostanze di difesa delle piante è data dalla capacità del nostro fegato di metabolizzarle tramite enzimi.

Ogni fito-composto infatti, al contrario di quello che avviene per vitamine e minerali, all'inizio viene trattato dall'organismo come una sostanza estranea (xeno-biotico) da neutralizzare.(15)

Uno degli enzimi più importanti che il fegato usa per la neutralizzazione (o detossificazione) di queste tossine, è il citocromo P450, presente nelle cellule epatiche. (16)

Ora, questo avviene in un contesto di salute generale. Se però al fegato non si permette di rigenerarsi, e lo si mette a dura prova con grandi quantità di cibi processati, alcol, zucchero, fruttosio ecc, si assiste ad una perdita progressiva di capacità detossificatrice dell'organismo.

In più se allo stomaco si sequestrano enzimi digestivi si può incorrere in problemi più o meno importanti.

Molti animali sanno questo in maniera innata e per aiutarsi nella detossificazione si aiutano ingerendo argilla (geofagia), per la proprietà che essa ha di "chelare", cioè richiamare a sè alcuni metalli e di aiutare l'organismo nel processo di detossificazione delle tossine delle piante. (17) Comportamenti di questo tipo sono stati osservati anche in alcuni gruppi di cacciatori raccoglitori e di popolazioni con radici tribali come i nativi americani, gli hawaiani e i polinesiani. (18) La nostra abitudine di ripulire via dal frutto o dalla verdura ogni e qualsiasi residuo di terra, non va in questa direzione.

Ma quanto saranno diffuse queste tossine e questi inibitori della digestione nel regno vegetale? Risposta: sono ubiquitarie.

Nel sedano, il quale possiede innumerevoli qualità benefiche, ci sono psoraleni, i capostipiti di alcune sostanze tossiche chiamate furanocumarine.

Le furanocumarine si trovano in particolare nelle rutacee (e.g. agrumi) e nelle umbrellifere (e.g. prezzemolo, carote, sedano) appunto. Anche queste vengono prodotte dalle piante in risposta a stimoli stressori, in difesa contro virus, batteri, miceti, insetti e animali.(19)

Molte furanocumarine sono cancerogene e epatossiche. La quantità presente nella pianta, può essere controllata limitando lo stress a cui è sottoposta durante la crescita.(20)

Non solo, le furanocumarine hanno la capacità di sotto-regolare la produzione del citocromo P450 di cui sopra e quindi di inibire la capacità digestiva dell'organismo. (21) L'effetto è a lungo termine, ed è per questo che si consiglia di non assumere pompelmo (che contiene una buona quantità di furanocumarine) a chi assume determinati farmaci, come antiaggreganti piastrinici e statine. L'eliminazione del farmaco dall'organismo potrebbe infatti essere compromessa, e si potrebbe avere un effetto potenziato. (22)

Gli psoraleni in particolare hanno la capacità di rendere foto-sensibile la pelle. In altre parole la pelle diventa più sensibile ai raggi UV e si danneggia più facilmente, a causa di danni nella replicazione del DNA indotti proprio dagli psoraleni.(23)

Sono noti casi di allergia al sedano di operatori sottoposti allo smistamento di grandi quantità di sedano, così come è nota ai dermatologi la "Foto-sensibilità da Margarita".

Il Lime, ingrediente tipico di questo cocktail, ha importanti quantità di psoraleni, e si è reso protagonista di molti casi di foto-dermatite in persone che avevano bevuto Margarita in assolati pomeriggi estivi.

Un grave caso di fito-fotodermatite
L'acido erucico contenuto in importanti concentrazioni negli oli di semi di colza, girasole e senape è tossico per molti animali, tra cui ratti, polli e tacchini (24), perché ha la capacità di far accumulare grasso intorno al muscolo cardiaco (steatosi cardiaca) (25). Non ci sono attualmente studi condotti sugli esseri umani, ma l'FDA (Food and Drug Administration) ha ritenuto sufficienti queste evidenze per limitare rigidamente la quantità di acido erucico ammessa in questi oli al 2% per quanto riguarda gli USA, e la Commissione Europea al 5% per quanto riguarda l'UE.

Altre sostanze di difesa delle piante sono le Lectine. Chiamate anche emo-agglutinine sono note per la loro capacità di agglutinare i globuli rossi come il nome lascia intendere.

Presenti in massima parte in Cereali e Legumi hanno la capacità di legarsi ai carboidrati e di legarsi ancor più avidamente alle cellule della mucosa intestinale, causando malassorbimento, permeabilità e disbiosi.(25)

Non vengono disattivate dal calore secco, bensì solo dall'ammollo in soluzioni acide e da cotture in acqua a più di 80°C.(26)

Metodi di cottura lunghi e a bassa temperatura come quelli che avvengono ad esempio con lo "Slow cooker" (attrezzo molto diffuso in europa del nord e in USA), possono paradossalmente aumentare la biodisponibilità delle lectine fino a 5 volte. (26)

L'acido ossalico è un'altra fito-tossina piuttosto conosciuta. Si trova in una grande varietà di verdure tra cui spinaci, prezzemolo, lattuga, sedano, cavolo, bietole, pere, patate mirtilli e carote.(27)

L'acido ossalico è capace di legarsi al calcio, al ferro e ad alcuni minerali rendendoli meno biodisponibili, cioè più difficilmente assorbibili.

La sua tossicità è principalmente dovuta alla capacità che ha di formare precipitati di ossalato di calcio nei reni, causando calcoli renali. (28)

Nè la cottura, nè l'ammollo hanno la capacità di rimuoverlo completamente dagli alimenti. La bollitura comunque è più efficace della cottura a vapore in questo senso. (29)

La liquirizia può essere causa di seri problemi se mangiata oltre una certa quantità. In questo studio si riporta il caso di una donna che è morta in seguito al consumo di 250 grammi al giorno di liquirizia per una settimana. (30) Questo perché la glicirrizina (il principio attivo della liquirizia) ha un'attività simile a quella dell'aldosterone, il quale favorisce il riassorbimento di sodio, provocando ipertensione e ipokalemia (ridotti livelli di potassio nel sangue).

La sindrome si può sviluppare a partire dai 100g grammi di liquirizia al giorno e si riduce gradualmente man mano che si smette di consumarla. (31)

Dati che appaiono sull’American Journal of Epidemiology, ne sconsigliano un largo consumo in gravidanza, perché per questi motivi potrebbe danneggiare la placenta. (32)

Queste sostanze ricordiamo, non vengono prodotte dalla pianta a caso o per cattiveria, ma per autodifesa: le solanine e le caconine (composti tossici delle solanacee) vengono sovrapprodotte dalle patate quando queste sono sottoposte a stimoli stressori, come ad esempio l'esposizione alla luce. (33) Ciò per il semplice fatto che se la patata viene dissoterrata, quello è un buon segnale di probabile attacco da parte di un predatore.

Insomma le piante non avrebbero poi tutta questa voglia di essere mangiate e digerite e si impegnano notevolmente affinché ciò non accada.

I meccanismi di difesa per altro possono essere anche meccanici, come nel caso della Mimosa Pudica, che se toccata si ritrae.


Tutte queste strategie di difesa, dalla produzione di tossine agli inibitori di digestione e così via, sono messe in atto con la mediazione di ormoni vegetali.

Anche le piante infatti hanno ormoni.

Uno di questi è il salicilato (o acido salicilico) il principio attivo dell'aspirina. L'AS in un meccanismo simile a quello che accade nel corpo umano col cortisolo, è capace di dare il via ad una cascata di riconfigurazioni fisiologiche della pianta.

Se vi state chiedendo dove si trovano i salicilati ebbene non si trovano solo nel Salice, ma sono quasi ubiquitari. Si trovano infatti in diverse concentrazioni anche in: tè, vino, caffè, coccofrutta a guscio, bacche, mele, albicocche, avocado, uva, pompelmo, melone, marmellate, gelatine, cetrioli, pomodori, asparagi, peperoni, mais, liquirizia, spezie, mango, pere, barbabietole, broccoli, carote, cavolfiori, aglio, funghi, cipolle, patate ecc...

Basta spruzzare un po' di acido salicilico sulla pianta, affinchè essa si riconfiguri in modalità difensiva. (34) Ciò può includere cambiamenti nel gusto, nella presenza di tossine e di inibitori della digestione nella pianta (es. tannini), e nell'invio di semiochimici d'allarme alle piante circostanti (es. etilene).

Le piante difatti, esattamente come fanno gli animali, quando sono sotto attacco lo comunicano ai propri simili. Noi e gli animali lo facciamo tipicamente con le urla, le piante tramite semiochimici inviati nell'aria, che possono sia richiamare i predatori del proprio predatore (come descritto sopra nel caso del povero bruco), sia coordinare la difesa nei confronti dell'erbivoro (insetto o animale) rendendo più tossico il corpo della pianta. (35)

Un esempio classico di questo meccanismo è il caso di moría di antilopi nel 1990 in una remota zona della Savana africana.

L'area era stata colpita da una dura carestia, e le uniche piante sopravvissute erano le Acacie. 

Le antilopi erano state quindi costrette a mangiare per troppo tempo, troppa Acacia. 

Le Acacie a loro volta si erano organizzate avvertendosi reciprocamente tramite il semiochimico etilene, un ormone vegetale, e avevano aumentato il livello di tannini nelle proprie foglie. Questo causò la morte per intossicazione di circa 3000 antilopi.

Acido salicilico e tannini sono due tra i più forti disturbatori della digestione che esistano.

Ciò ci dà un indizio di quanto siano sofisticati i meccanismi che usano le piante per difendersi e in un'ottica di nutrizione di quanto sia importante "ruotare" gli alimenti. Soprattutto quelli vegetali.

Se cioè ci si concentra a mangiare in abbondanza sempre le stesse verdure o piante in genere (specie se si tratta di cereali e legumi) e peggio ne si mangia contemporaneamente tante varietà, si rischia di potenziare l'effetto di quelle sostanze chimiche dannose di cui le piante sono dotate per difesa.

Insomma la grande insalatona di 1 kg composta da 10 specie di verdure crude diverse non è la cosa più amata dal nostro fegato nonostante venga contrabbandata come il piatto più salutare che esista.

Il discorso è amplificato se si tratta di mangiare semi, cioè come detto la parte più tossica e indigeribile della pianta.

Quanti vegani mangiano seitan (glutine puro), tofu, mandorle, noci e semi ogni giorno? Quanti pasta e/o legumi? Tutti questi alimenti provengono o sono semi.

Quanti di noi Paleoisti condividono l'abitudine di mangiare grandi quantità di frutta a guscio cruda (semi) quotidianamente credendo di farsi del bene?

Se poi si aggiunge l'utlizzo di farinacei (che non sono altro che... semi macinati) viene fuori una dieta... molto simile a quella della piramide alimentare che conosciamo tutti.

Dal sito dieta.pourfemme.it
La piramide sopra descritta, che come descritto in un articolo precedente rappresenta un'idea distorta della dieta mediterranea, è basata proprio sul consumo quotidiano di farinacei. Cioè di cosa? Di Semi.

I quali non subiscono quasi nessuno dei procedimenti di preparazione atti a ridurre le sostanze tossiche in essi presenti e ad aumentarne la digeribilità, che invece furono ciò che permise all'uomo all'alba del neolitico di cominciare a consumare cereali e legumi.

Questa serie di procedimenti comprendeva spesso l'ammollo in una soluzione acida ad una certa temperatura, la germinazione, la fermentazione (tramite lievito madre) e infine la tostatura o la cottura anch'esse ad una determinata temperatura.(36)

Tutto questo veniva anticamente attuato anche per la frutta a guscio.

Oggi invece ci ricordiamo di attuare parte di questi procedimenti (solo cottura) nel caso della pasta o di altri farinacei, e nel caso dei legumi ci ricordiamo oltre che di cuocerli di metterli prima a mollo per qualche ora.

Uno dei motivi buoni per attuare questi metodi è rimuovere una delle tante tossine presenti nei semi: l'acido fitico il chelante che il seme usa per conservare il fosforo utile alla crescita del seme. Ebbene l'acido fitico penserà a sequestrare sia il fosforo sia altri micronutrienti essenziali alla vita (selenio, magnezio, zinco, calcio ecc...) di chi li ingerisce.

Gli antichi metodi di preparazione permettevano di ridurre significativamente la quantità di acido fitico, nonchè la presenza di lectine, inibitori della digestione, agenti estrogenici, GLUTINE e molte altre tossine dei semi come ad esempio le aflatossine: sostanze epatotossiche, mutagene e cancerogene, la cui formazione è dovuta all'ammuffimento di... ancora una volta legumi, cereali e frutta a guscio a causa di cattivi metodi di stoccaggio. (37,38) Problema molto attuale.

Ridurre la quantità di acido fitico è consigliabile perchè noi esseri umani abbiamo la capacità, come prevedibile, di digerirne solo una certa quantità(39), così come per le altre fito-tossine; a livelli moderati infatti, perfino l'acido fitico produce effetti positivi (40), ma oltre una certa soglia l'effetto si inverte.

Attualmente l'intolleranza al celeberrimo glutine (altra sostanza di difesa delle piante), così come a molte altre sostanze, è in aumento.

Il mondo vegetale si sta ribellando? Improbabile. Le piante non hanno mai voluto essere mangiate, così come qualsiasi altro essere vivente.

Più probabile invece è che il nostro fegato sia sovraccarico data l'eccessiva mole di lavoro di disintossicazione che richiede il vivere moderno: le tossine da metabolizzare non sono più solo quelle dei cibi (per altro sempre più numerose e sempre più artificiali), ma comprendono anche quelle che respiriamo e quelle dei prodotti con cui viene a contatto la pelle. Ciò consuma una grande quantità di enzimi che servono nella detossificazione di questi ed altri composti determinando un effetto deprimente sulla capacità di fegato e reni di fare il proprio lavoro.

In conclusione le piante come abbiamo visto tengono molto alla propria sopravvivenza e l'ultima cosa che vorrebbero è quella di essere mangiate e digerite.

Fanno di tutto per sopravvivere: alcune piante mostrano addirittura segni di apprendimento e memoria legati alla sopravvivenza, come la famosa Venere Acchiappamosche, (41) e la Arabetta comune. (42) Dalle ultime ricerche è emerso poi che le cellule vegetali pur non essendo neuroni sembrano elettricamente eccitabili e hanno vie di segnalazione cellulare simili a quelle neurali (43,44,45) tramite le quali la pianta può organizzarsi nella sopravvivenza, nella riproduzione e nell'approvvigionamento di risorse.

Che facciamo non mangiamo più nemmeno le piante perchè anche loro sono esseri viventi? Non direi.

Di certo però in quanto esseri viventi, non deve meravigliare che, come ogni essere vivente, dai batteri ai virus, dagli insetti agli animali, abbiano gli stessi bisogni fisiologici: ottenere cibo, difendersi dalla predazione, riprodursi e sopravvivere.

E non deve meravigliare che questo comportamento protettivo (determinato dalla presenza di sostanze chimiche dannose e antidigestive) si massimizzi nei confronti dei semi, visto che essi rappresentano proprio la riproduzione e la continuazione della specie della pianta.

Marco Buquicchio

Cosa ne pensi? Scrivemelo qui sotto nei commenti.

Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirmi sul gruppo facebook: Dieta Chetogenica (High Fat Diet) 

domenica 7 dicembre 2014

I meccanismi della gotta sono gli stessi che causano la malattia cardiovascolare?

Come è stato argomentato nell'articolo precedente, la relazione CAUSALE fra colesterolo ematico, grassi della dieta e malattia cardiovascolare non è mai stata individuata.(1)

Di questo nella ricerca scientifica si è perfettamente consapevoli, tant'è che negli ultimi 20 anni, si è assistito ad una ricerca sempre più ad ampio spettro di eventuali fattori che potessero essere più predittivi di problemi cardiovascolari, rispetto al classico colesterolo, che si è rivelato poco attendibile.(2)

Uno dei nuovi candidati è l'acido urico.

L'acido urico è un prodotto del metabolismo delle proteine, in particolare delle purine, da sempre associato alla Gotta, una malattia del metabolismo in cui l'eccessiva presenza di acido urico nel sangue, che ristagna e precipita sotto forma di cristalli nelle articolazioni, causa gonfiore, dolore e artrite.

Da Wikipedia: "L'incidenza della gotta è aumentata in frequenza negli ultimi decenni, colpendo circa l'1-2% della popolazione occidentale. Si ritiene che l'aumento sia dovuto a fattori di rischio crescenti nella popolazione, come la sindrome metabolica, l'aspettativa di vita più lunga e cambiamenti nella dieta. La gotta era storicamente conosciuta come "la malattia dei re" o la "malattia dei ricchi".

Enrico VIII soffriva di Gotta.
Gli esseri umani non soffrirebbero di gotta, come ricordano bene i vegani, se fossero dotati dell'enzima uricasi, presente invece in molti animali, che permetterebbe di scomporre e trasformare l'acido urico. Abbiamo infatti perso questo enzima intorno ai 10-15 milioni di anni fa nel corso della nostra evoluzione. Il motivo di questo shift evolutivo non si conosce ed è attualmente oggetto di viva speculazione (3,4)

E' proprio però, perchè manchiamo di uricasi, che abbiamo sviluppato altri metodi per gestire l'acido urico e liberarcene. Esso infatti, se presente in eccesso, in un organismo che funziona bene, viene escreto con le urine.(5)

Negli anni '80 poi si è scoperto che l'urato (altro nome dell'acido urico) in quantità fisiologiche funge da potente antiossidante, anzi è l'antiossidante più abbondante del corpo umano. (6) Perciò come accade in molti altri casi (vedi colesterolo), non è saggio demonizzarlo o santificarlo tout court.

Alla base della produzione di acido urico c'è un enzima chiamato xantina ossidasi che appunto ossida la xantina (una purina ottenuta dalla dieta) ottenendo come prodotti finali acido urico appunto, e acqua ossigenata.

La xantina è una purina e si trova in molti cibi ricchi di proteine. Ma quindi che fare? Smettiamo di consumare cibi che contengono proteine per evitare le purine?

Non v'è bisogno di fare questo, perchè come suddetto, siamo perfettamente capaci di espellere l'acido urico in eccesso tramite le urine, e già 24 ore dopo, il livello sierico dell'acido in un individuo sano è destinato a tornare alla normalità.(7)

Rispondere poi, al rischio di accumulare urato, diminuendo particolari fonti proteiche come la carne (generalmente il primo capro espiatorio per l'uricemia alta) è miope, per il semplice fatto che nella lista di cibi ad alto contenuto purinico troviamo anche legumi come la soia e i piselli, o verdure come gli asparagi e gli spinaci.

La gotta quindi è erroneamente associata solo alla carne, perchè come vedremo, i problemi non cominciano quando si assumono purine di per sè, ma quando il livello di acido urico trattenuto nel sangue rimane più alto del normale perchè qualcosa blocca la sua escrezione. Si ha pertanto ritenzione di acido urico.

A conferma del fatto che le purine in sè c'entrino ben poco: in uno studio del 2013 condotto nell'ambito dell'EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), uno dei più ampi studi di coorte del mondo (con oltre mezzo milione di partecipanti), tra 672 soggetti tra carnivori, pescivori, vegetariani e vegani, i soggetti a più alta concentrazione di acido urico ematico sono risultati paradossalmente i vegani.(8)

Nello studio, che vi invito ad andare a spulciare, si attribuisce questo risultato alle qualità uricosuriche (promotrici dell'escrezione di acido urico per via urinaria) dei latticini (9,10), che notoriamente i vegani non consumano.

L'effetto ipouricemizzante dei latticini è dovuto al fatto che alcune proteine del latte come la lattoalbumina e la caseina sono fortemente uricosuriche, mentre quelle ad esempio della soia sono anti-uricosuriche.(11) Il grafico qui sotto proveniente dallo studio citato in parentesi, è molto chiaro.


Ma cosa lega l'acido urico in eccesso ai problemi cardiovascolari?

Come spesso accade (vedi ancora: colesterolo), la relazione causale è di difficile individuazione, ciò che è chiaro però dall'abbondante letteratura scientifica sull'argomento, è che la presenza di acido urico in alte concentrazioni è associata positivamente ad ipertensione, nefropatia e sindrome metabolica.

Nel presente articolo ci chiediamo se una gotta in forma latente, intesa come prolungata presenza di alte concentrazioni di acido urico nel sangue possa innescare i processi tipici della malattia cardiovascolare. Si precisa che l'idea non è originale, e non siamo gli unici a interrogarci sulle possibilità che l'acido urico giochi un ruolo importante nella patogenesi della CVD (malattia cardiovascolare).(12,13,14,15)

Sappiamo infatti che la presenza di acido urico in quantità non fisiologiche, innesca meccanismi di produzione di ROS (reactive oxygen species) che vanno a danneggiare l'endotelio, ciò perchè, come abbiamo già accennato più sù, la reazione che crea acido urico a partire dalla xantina, produce oltre all'acido urico stesso anche acqua ossigenata (perossido di idrogeno), che è uno dei più importanti ROS che conosciamo.(16)

L'eccessiva presenza di acido urico inoltre aumenta la probabilità che esso reagisca (da antiossidante qual è) con radicali liberi come il perossinitrato, reazione che però non è benigna in quanto genera a sua volta agenti alchilanti (cancerogeni) e altri radicali liberi.(17). Il pericolo quindi è che l'acido urico in quantità eccessive da anti-ossidante diventi pro-ossidante.

La presenza eccessiva di ROS come abbiamo ricordato, specie se prolungata nel tempo, crea infiammazione e danno endoteliale, ma come avviene il meccanismo specifico che porta all'aumento della pressione arteriosa?

Negli anni '80 fu identificato il più importante fattore di rilassamento (vasodilatatore) dell'endotelio: l'ossido nitrico (Nitric Oxide).

Recentemente (2009) uno studio del National Institute of Health americano, ha trovato che l'acido urico sembra molto prono a reagire direttamente con l'ossido nitrico, con cui ha un'alta affinità ionica, cambiandone la struttura.(18)

In provetta l'acido urico riduce il livello di NO (Ossido nitrico) nelle cellule endoteliali, e nei ratti iniezioni per via endovenosa di acido urico, diminuiscono la quantità di NO (Nitric oxide) sanguigno e bloccano l'azione vasodilatoria di un altro fattore di rilassamento endoteliale: l'acetilcolina.(19)

A tal proposito Waring e altri hanno riportato che infusioni endovenose di acido urico nell'avambraccio umano hanno il risultato di disturbare l'effetto vasodilatatorio dell'acetilcolina.(20)

Come controprova inibire l'azione dell'enzima che catalizza la trasformazione di xantina in acido urico (la xantina ossidasi), aumenta i livelli di ossido nitrico circolante.(21,22)

Ma l'acido urico sembra avere anche un forte potenziale nefro-tossico. E questa eventuale tossicità nei confronti dei reni diminuirebbe la capacità dei reni stessi, non solo di liberare il sangue dall'acido, ma anche di regolare la pressione sanguigna.

L'idea che l'acido urico possa causare danni renali non è nuova, nei reni dei ratti infatti l'iperuricemia causa glomerulonefrite una grave patologia infiammatoria.(23)

Per quanto riguarda gli esseri umani, si sa che nelle gestanti affette da preeclampsia (una sindrome molto grave che si può verificare nelle donne in gravidanza nel caso in cui gli organi preposti alla depurazione del sangue, fegato e reni, non riescano a sopportare il carico di doppio lavoro dovuto alla necessità di depurazione propria e del feto), si riscontra iperuricemia associata ad ipertensione, tanto che spesso si parla di ipertensione gestazionale in questo contesto.(24)

Per quanto speculativo, si può pensare che ciò sia dovuto al fatto che i reni, sofferenti, non riuscendo più a liberarsi e a liberare il sangue dell'acido urico in eccesso, sviluppino nefropatia o quanto meno nefro-sofferenza, e diventino anche meno efficienti nel regolare la pressione sanguigna.

In altre parole una prolungata ritenzione di alti livelli di acido urico nel sangue causerebbe oltre a disfunzione endoteliale anche nefropatia, provocando conseguentemente problemi nella regolazione della pressione arteriosa (ipertensione), in un grave circolo vizioso.

Chiediamoci quale sarebbe allora il ruolo dell'insulino-resistenza nella patogenesi della malattia cardiovascolare in questa visione.

Ci aspetteremmo che la presenza di alti livelli ematici di insulina, tipici dell'insulino-resistenza, non aiutino l'escrezione di acido urico dall'organismo, andando a reiterare la grave situazione di ritenzione di acido urico di cui sopra.

Ed effettivamente è proprio così: l'insulina ha una grande capacità di ritenzione dell'acido urico (oltre che di sodio).(25,26)

In altre parole, nella visione qui proposta, l'insulino-resistenza è una delle cause indirette della malattia cardiovascolare perché tra le altre cose provoca anche ritenzione prolungata di acido urico a livelli ultra-fisiologici.

Altri importanti attori nella ritenzione di acido urico, sono risultati essere l'alcol, il fruttosio, e alcuni farmaci antipertensivi (!).

Gli alcolici sono dirette fonti di purine, e l'etanolo (alcol) è considerata la molecola a più alta capacità di ritenzione di urato.(27) Fare uso smodato di birra insomma non aiuta contro la ritenzione di acido urico.

Per quanto riguarda il fruttosio l'evidenza è mista. Ma la maggior parte degli studi parrebbe indicarlo come un agente goitrogeno (promotore della ritenzione di acido urico nel sangue e quindi anche della gotta).

Il ruolo causale, ancora una volta, non è stato trovato, ma è probabile che diete ad alto contenuto di fruttosio possano indirettamente elevare l'uricemia a causa del fatto che provocano insulino-resistenza, ipertrigliceridemia e sindrome metabolica, specialmente quando il fruttosio è assunto in forma liquida e nelle quantità non fisiologiche tipiche delle bevande zuccherate.(28,29)

Per finire, una menzione speciale va riservata ai diuretici tiazidici, ma anche ad altri farmaci il cui ruolo sarebbe proprio quello di combattere, o tenere sotto controllo, la malattia cardiovascolare.

A mio parere è a dir poco ironico che i diuretici tiazidici, i beta bloccanti e gli antagonisti del recettore dell'angiotensina II, che sono proprio i farmaci più impiegati nella gestione della malattia cardiovascolare, siano coinvolti nell'aumento dei livelli sierici di acido urico, e quindi conseguentemente nell'aumento della probabilità di ipertensione.

Che molti farmaci contro l'ipertensione, specialmente nel lungo periodo, come effetto collaterale causino proprio ipertensione è quantomeno curioso.

Per quanto riguarda i diuretici tiazidici ciò è noto almeno da 50 anni, come mostra questo studio del '59.(30) Tant'è che ogni buon diuretico tiazidico indica sul bugiardino tra gli effetti collaterali l'eventuale rialzo dell'uricemia, insieme all'aumentata escrezione di potassio (ipokalemia), cosa che si aggiunge al potenziale pro-ipertensivo del farmaco (il potassio infatti è un altro vasodilatatore dell'endotelio).(31)

Questi effetti sono tanto importanti che nel 2009, lo stesso Journal of Hypertension, indicava di fare attenzione e controllare i livelli sierici di acido urico specie nei pazienti più avanti con l'età, perchè il rischio di continuare a dare diuretici tiazidici a pazienti che hanno già uricemia alta è quello di perdere completamente il fattore cardioprotettivo del farmaco.(32) (!!!)

Minori evidenze si hanno su beta bloccanti e antagonisti del recettore dell'angiotensina II, ma si sa che sono sconsigliati nelle terapie contro la gotta.(33)

Aggiungo che in un'eventuale terapia contro la gotta non sarebbe senz'altro inclusa l'attuale dieta standard occidentale.

L'alto contenuto di carboidrati (30-40% della calorie totali), di zuccheri aggiunti nei prodotti confezionati (glucosio e fruttosio), e l'importante presenza di alcol, non la rendono certo la dieta più indicata contro la ritenzione di acido urico, nè aggiungerei, in base alle evidenze riportate in questo articolo, quella più indicata contro i problemi cardiovascolari in genere.

Marco Buquicchio

Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirmi sul gruppo facebook: Dieta Chetogenica (High Fat Diet) 

venerdì 28 novembre 2014

La Dieta Mediterranea prevede la pasta?

Siamo tutti innamorati della Dieta Mediterranea. 

I medici senza pensarci su due volte dicono che è la migliore, i media la celebrano in ogni modo, gli italiani sono convinti di seguirla alla lettera, le mamme la raccomandano ai propri bambini.

Peccato che nessuno sappia cos'è.

Già nel lontano 1984, il Professor Alberto Fidanza, uno di quelli che la Dieta Mediterranea diceva di averla individuata faceva notare:

"Fa comodo a molti spacciare l'abuso alimentare di amidi (pizze, pasta, patate) come 'dieta mediterranea'. Le abitudini alimentari delle popolazioni del bacino del Mediterraneo sono, meglio sarebbe dire erano, caratterizzate dal consumo di frutta, legumi, ortaggi, pesce, e olio d'oliva la cui pianta produttrice vegeta in modo esclusivo nell'area. Questo tipo di alimentazione, nella quale i cereali giocano un ruolo marginale è particolarmente idoneo a prevenire tumori e malattie cardiovascolari grazie all'elevato contenuto in fosfolipidi del pesce, degli acidi monoinsaturi dell'olio d'oliva, delle fibre e delle vitamine di frutta e verdura. I cereali vi sono compresi solo perché apportano energia di basso costo economico. Come si può ben capire, niente a che fare con certe merendine..."(1) Alberto Fidanza dal libro "La dieta mediterranea".

Niente a che vedere quindi con la piramide alimentare che conosciamo tutti, basata proprio sui cereali e sulla pasta. Qui si parla di una dieta prevalentemente a base di verdure, legumi e frutta, con l'introduzione sporadica di prodotti animali, e con l'uso del pane (integrale) a solo scopo "riempitivo". Verso la fine dell'articolo vedremo anche perchè.

Ma andiamo con ordine.

Fidanza faceva parte del gruppo di ricerca di Ancel Keys, lo studioso statunitenese fautore del Seven Countries Study. (2).

Lo studio era partito da quello che sembrava un paradosso: le popolazioni del mediterraneo in genere, avevano un dieta a contenuto di grassi relativamente alto (30% delle calorie totali), ma quasi non conoscevano cose come infarto, ictus, ipertensione ecc.. al contrario degli americani.

In questo celeberrimo lavoro Keys si era prefissato di fare quindi uno studio pluriennale epidemiologico su 7 nazioni, anche e non solo del mediterraneo (Yugoslavia, Finlandia, Italia, Olanda, Grecia, USA e Giappone), per cercare di individuare quali fattori (fumo, colesterolo alto, sedentarietà ecc...) fossero i più predittivi delle malattie cardiovascolari.

Dopo questo studio, Keys si convinse che tutti problemi cardiovascolari degli americani fossero dovuti in sintesi a due cose: pressione alta e ipercolesteremia.

A suo parere cioè più erano alti colesterolo e pressione arteriosa più si aveva la possibilità di essere soggetti ad attacchi di cuore, ed altri problemi cardiovascolari.

Di questa ipotesi però, ribattezzata poi "Diet-Heart Hypotesis", o anche "Lipid Hypotesis", e del fatto che i grassi saturi rappresentassero un problema, lui era già convinto da tempo.

Nel '55 infatti 3 anni prima di aver cominciato lo studio sui 7 paesi, aveva già presentato la sua idea all'Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra.

In quell'occasione Keys non seppe rispondere alla domanda di tale Sir George Pickering che gli chiese: " If you would be so kind, Professor Keys, what do you consider the single best piece of evidence to support your diet-heart idea? " (3)

Come lui si fosse convinto che i grassi saturi (e il colesterolo) causassero la CVD (malattia cardiovascolare) infatti era, ed è tuttora poco chiaro.

Keys, Fidanza e il resto del gruppo notarono solo che nei paesi in cui vi era meno mortalità dovuta a CVD, in particolare a Creta, Corfù e nel Sud Italia, il consumo di olio d'oliva era alto, insieme con quello di verdura, legumi, frutta, e pesce.
Solo sporadicamente invece, il team aveva notato il consumo di carne e latticini.

Analizzando i dati il team si accorse che una delle cose che accomunava i cibi meno consumati (carne e latticini) erano proprio i grassi saturi. Di contro l'olio d'oliva e il pesce contenevano rispettivamente grassi mono-insaturi, e grassi polinsaturi (i famosi omega3).

Collegò allora intuitivamente i due fenomeni, e si (ri)convinse che l'alta pressione arteriosa/ipercolesterolemia doveva dipendere dalla quantità di grassi saturi ingeriti.

Non sorprende che una delle più pesanti critiche a questa sua tesi, sia la scarsità di prove a supporto di una correlazione causale tra grassi saturi e malattia cardiovascolare.

Intendiamoci, in molti studi si "associa" ipercolesterolemia a ingestione di grassi saturi. Ma a tutt'oggi il nesso CAUSALE che dovrebbe intercorrere tra l'ingestione di grassi saturi e il "conseguente" aumento del rischio cardiovascolare è ancora indimostrato.

In ogni caso Keys, già famoso in patria per l'invenzione della Razione K (la razione di cibo che doveva essere data ai soldati americani), tornò in USA, comunicò i suoi risultati, e l'American Heart Association (AHA) cominciò a consigliare al grande pubblico di evitare il più possibile questi demoniaci grassi saturi nella dieta perchè appunto "associati" a obesità e malattia cardiovascolare.
Ma le critiche (in gergo "bias") alla validità dello studio furono immediate.

Prima di tutto si trattava di uno studio epidemiologico, e quello epidemiologico è il tipo di studio che in ambito scientifico ha meno valore perchè non dimostra "causazione", bensi solo correlazione., 

In altre parole non dimostra esattamente come una cosa si verifica, ma solo che spesso due cose sono ASSOCIATE, si verificano insieme. Ma come si dice in gergo: "Correlation is not causation".

Con lo stesso ragionamento visto che quando si ha un virus spesso si ha anche la febbre, si potrebbe affermare che la febbre è il nemico. O che quando ci si procura una contusione, appare anche un livido. Perciò il livido è la cosa da temere.

Se vi state dicendo: "questa cosa è difficile che accada", sappiate che accade continuamente in ambito scientifico, ed è proprio quello che è successo per 60 anni (dagli studi di Keys in poi) per quanto riguarda il colesterolo.

Solo ora finalmente si sta arrivando a capire che non è il colesterolo in sè ad essere negativo, ma è il livello di ossidazione del colesterolo LDL (4), e la conformazione delle sue lipoproteine di sottofrazione (approfondiremo questo argomento in un articolo futuro). (5)

Per tornare a noi, quando Keys tornò in patria, sulle prime fu criticato in base a come aveva trattato i dati, di star cercando forzatamente una "associazione" fra due fenomeni: ingestione di grassi saturi e malattia cardiovascolare appunto, piuttosto che un reale nesso causale. Atteggiamento come detto, non molto scientifico.

Probabilmente però il bias più importante fu quello che nello studio non fu preso in considerazione il consumo di zucchero. (!!!) (6)
Fattore determinante visto che le popolazioni in assoluto più sane di quelle comprese nello studio, quelle di Creta e di Corfù, consumavano in media meno di 7kg di zucchero pro-capite all'anno. Mentre Galles e Gran Bretagna nel periodo della seconda guerra mondiale ne consumavano già in media 30kg. (6) Gli USA facevano altrettanto.

Nel caso di Creta 7kg di zucchero all'anno, voleva dire circa (7000g / 365) 19 grammi al giorno cioè meno di 5 cucchiaini.

Attenzione: 5 cucchiaini di zucchero al giorno in totale fra TUTTE le fonti contenenti carboidrati (zuccheri) della dieta, cioè cereali, legumi, verdure e frutta compresi.

Possiamo quindi parlare di una dieta a bassissimo indice glicemico.

Come è stato possibile non tenere conto di questo fondamentale aspetto nello studio? 

Il motivo è che Keys, come suddetto, era strenuamente convinto che l'epidemia di malattie moderne (diabete, obesità, CVD ecc...) fosse dovuta all'eccesso di grasso nella dieta. Questa idea gli derivava dai diabetologi più importanti di quel tempo come Harold Himsworth.

Himsworth e tutta la scuola di diabetologi che aveva influenzato intellettualmente Keys non credevano ci fosse sostanziale differenza tra carboidrati integrali e carboidrati raffinati (cosa che si scoprirà più tardi). Erano quindi convinti che tutti i carboidrati venissero metabolizzati dal corpo nello stesso modo (7)

Attualmente in Italia si consumano in media 27 kg di zucchero pro-capite all'anno, e nel 2008 gli americani hanno settato il record assoluto di 61 kg pro-capite in un anno, pari a circa 41 cucchiaini di zucchero al giorno.

Consumare 27 kg di zucchero in un anno (come in Italia) non è esattamente ciò che accade nella Dieta Mediterranea (7kg).

Questo e gli altri "bias" sono così rilevanti che sono state avanzate anche proposte di rendere completamente invalido lo studio di Keys (8)




Per quanto riguarda invece il discorso sui grassi, ripetiamo, ad oggi non è mai stata trovata nè la correlazione causale tra ingestione di grassi saturi e malattia cardiovascolare, nè di contro, la correlazione causale tra grassi polinsaturi e miglioramento della malattia cardiovascolare. 

Tanto che quest'anno (2014) la più grande meta-analisi di studi portata avanti con l'obbiettivo di correlare causalmente i grassi della dieta con la malattia coronarica si è conclusa così: "l'evidenza attuale non supporta chiaramente linee guida cardiovascolari che incoraggino l'alto consumo di grassi polinsaturi e un basso consumo di grassi saturi". (9)

Al contrario, ad oggi sono stati osservati numerosi "paradossi", ma che sono paradossi solo se si è, come Keys, fideisticamente convinti che i grassi (soprattutto saturi) facciano male. Sto parlando di paradossi come quello francese e quello svizzero, in cui un alto numero di grassi saturi alimentari fanno coppia con un'ottima salute cardiovascolare.

Si è tentato di spiegare questi paradossi in qualunque modo, dal consumo di vino, alla maggior esposizione solare, al cioccolato. Pur di non mettere mai in discussione l'assunto principale: grassi = malattia. E anche Keys ci provo senza successo. Pochi sanno infatti che lo studio sui 7 paesi era originariamente partito da 22 paesi (tra cui anche Francia e Svizzera). Keys però penso bene di eliminare ben 15 paesi, il perchè non ci è dato saperlo. (3)

Ma un momento... che non sia invece proprio il consumo di grassi il promotore della salute cardiovascolare?

Lo stesso Professor Fidanza, tornato nel 1994 nelle aree studiate 40 anni prima con Keys, notava che le nuove generazioni avevano ceduto all' "eresia" alimentare: ora avevano cominciato a mangiare carne e latticini. (10)

Ma avevano cominciato, o avevano ri-cominciato?

Come ho fatto notare nel primo post di questo blog, la cucina italiana è stracolma di piatti tradizionali grassi a base animale. Non parliamo poi della tradizione casearia, e non parliamo della tradizione costiera di ingerire grandi quantità di frutti di mare (notoriamente grassi e ad alto contenuto di colesterolo). 

Non sarà che gli individui studiati erano sani, non tanto perchè evitavano la carne, ma perchè i famosi cucchiaini di zucchero giornalieri non erano ancora arrivati nemmeno a 5?

Non sarà che negli anni in cui lo studio Seven Countries è stato svolto, gli Italiani godevano di buona salute NONOSTANTE come dice lo stesso Fidanza usassero cereali (principalmente pane nero integrale fatto in casa) "per avere energia a basso costo"? E magari piatti più ricchi (come la carne), all'uscita da una guerra, avevano per necessità lasciato posto a piatti più poveri?

Del resto è risaputo che i nostri contadini mangiassero principalmente verdure, legumi e pane, perchè erano le uniche cose loro disponibili, basti pensare a "fave e cicorie", all'internazionale bruschetta, o alla fetta di pane con olio e sale. Nessuna traccia però di pasta, nè tantomeno di dolci, cose che avrebbero innalzato vertiginosamente la quantità di carboidrati, quindi glucosio (zucchero) nella dieta.

Ecco perchè Fidanza lamentava che la dieta che prevede il consumo di amidi (pasta, pizza, dolci ecc) non è assolutamente la dieta che lui e Keys avevano trovato, e che avevano battezzato appunto "Mediterranea".

Quello che avevano osservato insomma, è radicalmente diverso da quello che c'è oggi, con i nostri bei 27kg di zucchero pro-capite all'anno e i 61kg degli americani. Dovuti proprio ad una piramide alimentare sbagliata che non rappresenta assolutamente il tradizionale metodo di alimentarsi dei popoli mediterranei.

Eppure sia le idee dello studio di Keys, che hanno portato all'accettazione totalitaria del concetto grassi = male assoluto, sia il concetto di Piramide Alimentare basata su 6-11 portate di farinacei di vario tipo al giorno (11), hanno attecchito nella società a qualsiasi livello, in maniera così pervasiva che sono ormai date per scontate e risulta estremamente difficile prescinderne.

Ditemi un po' di voi, quanto zucchero consumate? E vi fanno paura i grassi? Lasciate un commento qui sotto.

Marco Buquicchio

Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirmi sul gruppo facebook: Dieta Chetogenica (High Fat Diet) 

1. Alberto Fidanza La dieta mediterranea 1984
2. Ancel Keys Seven countries. A multivariate analysis of death and coronary heart disease 1980
3. J Yerushalmy H E Hilleboe Fat in the diet and mortality from heart disease; a methodologic note. 1957
4. Sobal G et al, Why is glycated LDL more sensitive to oxidation than native LDL? A comparative study 2000
5.  P J Barter et al, Apo B versus cholesterol in estimating cardiovascular risk and in guiding therapy: report of the thirty-person/ten-country panel 2006
6. T L Cleave The Saccharine Disease 197
7. Gary Taubes The Diet Delution 2009
8. Uffe Ravnskov A hypothesis out-of-date: The diet–heart idea 2002
9. R Chowdhury Association of dietary, circulating, and supplement fatty acids with coronary risk: a systematic review and meta-analysis 2014
10. Alberto Fidanza, et al, Dietary studies on two rural Italian population groups of the Seven Countries Study. 1. Food and nutrient intake at the thirty-first year follow-up in 1991 European Journal of Clinical Nutrition 1994
11. Linee guida base dell'USDA (United States Department of Agriculture) http://www.health.gov/dietaryguidelines/dga2000/document/build.htm